Che cos'è la musica popolare

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Valerio
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Che cos'è la musica popolare

Messaggio da Valerio »

Leggendo l'interessante messaggio di Pierpaolo nella discussione Alla Bua: dalla riproposta al folk-pop? mi é tornata a mente una discussione aperta qualche mese fa e durata pochi giorni a causa del blackout che causò, tra le altre cose, la perdita di due settimane di forum.
Si parlava sempre di musica popolare e l'argomento mi indusse a trascrivere una discreta parte di un capitolo estremamente interessante del libro "Scritti sulla musica popolare" di Bela Bartok.
Il capitolo in questione ha lo stesso titolo di questo topic.
Visto che spesi un bel po' di tempo nella trascrizione, che le considerazioni di Bela Bartok, nonostante risalgano a piu' di settanta anni fa, sono per molti versi ancora attuali, e che alcune considerazioni di Pierpaolo sono praticamente sulla stessa linea di quelle di Bartok vi ripropongo quanto postai tempo addietro.

[quote:8a6387c944="Bela Bartok nel 1931 ("Scritti sulla musica popolare" a cura di Diego Carpitella, ed. Bollati Boringhieri)"]
[...]
La musica popolare si compone di due generi di materiale musicale: la musica colta popolaresca (in altri termini la musica popolare cittadina) e la musica popolare dei villaggi (cioé la musica contadina).
[...]
Per musica popolare contadina in senso lato si devono considerare tutte quelle melodie che sono o sono state diffuse nella classe contadina di un paese e che sono epsressioni istintive della sensibilità  musicale dei contadini.
[...]
Dal punto di vista del folklore chiamiamo classe contadina quella parte del popolo che si occupa di coltivazione diretta e che soddisfa le proprie esigenze materiali e morali secondo le proprie tradizioni (o anche secondo tradizioni straniere che essa peraltro ha già  istintivamente trasformato adattandole alla propria natura).
C'é però un fatto importante: dall'insieme della musica contadina, quantomeno a noi nell'Europa orientale, se ne stacca nettamente una parte, e precisamente la musica contadina intesa nel senso piu' ristretto. Essa può essere definita in questi termini molto precisi: musica contadina in senso stretto sono tutte quelle melodie che appartengono a uno o piu' stili omogenei. In altri termini, la musica contadina in senso stretto consiste in una massa di melodie di carattere e di struttura uguali.
Questa é la parte di maggior interesse di tutta la musica contadina ed é anche quella che piu' chiaramente si distingue dalla musica colta popolaresca.
[...]
[b:8a6387c944]La musica contadina in senso stretto altro non é, in fondo, che il prodotto di un'opera di elaborazione compiuta da un istinto che agisce inconsapevolmente negli individui non influenzati dalla cultura cittadina. Perciò quelle melodie raggiungono la piu' alta perfezione artistica, perché esse sono veri esempi di come si possa esprimere nel modo piu' perfetto, nella forma piu' sintetica e con i mezzi piu' moderni, un'idea musicale.[/b:8a6387c944]
[...]
Il serio e cosciente approfondimento della musica contadina é opera del nostro secolo. Dei musicisti del secolo XIX infatti Musorgskij é stato il solo a considerare seriamente quella musica subendone consapevolmente l'influsso e precorrendo così la nostra epoca. Agli altri compositori "nazionalisteggianti" del secolo bastava invece, salvo qualche rara eccezione, il suggerimento che veniva dalla musica popolaresca dei paesi orientali e settentrionali. Indubbiamente anch'essa, infatti, aveva molte qualità  che mancavano alla musica colta occidentale del periodo precedente; ma erano qualità , come ho già  detto, mischiate di continuo ai luoghi comuni della musica "occidentale" nonchà© ad un deteriore sentimentalismo romantico. [b:8a6387c944]Alla musica popolaresca mancava insomma la vergine freschezza della primitività , mancava quello che oggi si suole chiamare "oggettività " e che io preferirei semplicemente dire "assenza di sentimentalismo".[/b:8a6387c944]
[/quote:8a6387c944]

Se non ho interpretato male Bartok sostiene che la grandezza della musica tradizionale (ossia quella che lui chiamava "musica contadina in senso stretto") derivi proprio dal fatto che sia poco o per niente contaminata da quegli elementi propri della cultura e quindi della musica borghese occidentale.
Ovvero che la sua elaborazione, e quindi credo si possa dire anche la sua evoluzione, sia "compiuta da un istinto che agisce inconsapevolmente negli individui non influenzati dalla cultura cittadina" e che questo ne preserva la primitività , evitando che venga contaminata dal "sentimentalismo romantico" proprio della musica borghese.
Questo, se non l'ho stravolto, era il pensiero di Bartok negli anni 30 dello scorso secolo...
Ma la riflessione mi sembra attualissima se contestualizzata nel nostro tempo.
E mi sembra anche in netto contrasto, come ha fatto notare Pierpaolo, con i ragionamenti di molti contaminatori moderni.

Alla luce di queste riflessioni la cosiddetta "contaminazione" mi pare assuma un ruolo molto molto negativo nell'ambito del suo rapporto con la musica tradizionale.
Se da una parte é vero che la musica tradizionale é per sua natura frutto di continue contaminazioni é anche vero che queste, come faceva notare Pierpaolo, probabilmente sono sempre state contaminazioni "fisiologiche", naturali, compiute istintivamente.
Non come quelle di oggigiorno, che il piu' delle volte vengono programmate a tavolino.

Voi che dite?

PS: Se qualcuno volesse, potesse e avesse voglia di postare altri contributi e/o citazioni di altri autori su questo argomento personalmente apprezzerei molto...
Ultima modifica di Valerio il 13 gennaio 2007, 21:36, modificato 2 volte in totale.
pierpaolo.sicuro
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CIAO

Messaggio da pierpaolo.sicuro »

Sono daccordo con l'attualizzazione della negatività  della CONTAMINAZIONE a tavolino.
Avrei un po' di dubbi riguardo all'attualizzazione della differenza tra musica colta popolaresca e musica popolare. Forse grazie ai media, forse grazie al miglioramento della condizione contadina e ad una sua diversa concezione, o altro, il tutto si é un po' amalgamato e influenzato naturalmente.

Quindi, essendo sparite o cambiate alcune condizioni sociali (o essendosi interrotto per alcuni decenni il lungo corso dei riti dionisiaci e tarantistici, con la naturale perdita di alcune melodie tramandate ed evolute oralmente ecc...), la musica é cambiata, si é evoluta a sua volta, e non possiamo pretendere che la pizzica serva ancora a curare i tarantati o le tarantate, sarebbe autolesionismo.

Ciò che importa ora é lo svago e il sollievo che suscita la cosiddetta Pizzica, la quale contiene in se inspiegabili ed innegabili legami con il passato, ma evoluti ai nostri sensi.

Avere una musica così potente tra le mani é come un dono divino, ma perfavore: non chiediamoci più da dove arriva. Ce l'abbiamo e ce la teniamo. Se si evolve bene lo stabiliranno gli antichi sentimenti che risiedono nei cuori e nell'anima di tutti i salentini. Solo il popolo a cui appartiene questa musica é in grado di stabilire INCONSCIAMENTE come va protetta ed evoluta. Attenzione però a non fare delle forzature per il MARKETING.
DIVERTIAMOCI

CIAO
PIERPAOLO
Valerio
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Messaggio da Valerio »

Si: é senz'altro vero che il contesto sociale é talmente cambiato dagli anni trenta ad oggi che é impossibile attualizzare in blocco tutte le riflessioni di Bartok.
Però é interessante, a parer mio, il suo punto di vista perchà© si capisce bene, specialmente leggendo tutto il libro, quale fosse il valore che Bartok desse alla musica contadina soprattutto in relazione alla musica diciamo piu' "commerciale", ossia quella ascoltata e preferita dalla borghesia di quegli anni.
C'é da dire che il suo pensiero é stato senz'altro influenzato dal particolare contesto storico-geografico-culturale in cui e' vissuto (nato nel 1881, morto nel 1945), ma resta comunque il punto di vista di un grandissimo compositore che, tra l'altro, ha contribuito a gettare le fondamenta scentifiche dell'etnomusicologia.
Anche se é impensabile fare un parallelismo tra noi e la borghesia ungherese degli anni 30 e tra il nostro mondo contadino e quello di 70 anni fa, secondo me certe osservazioni rimangono comunque interessanti e sempre condivisibili.
Appena avro' un po' di tempo cerchero' di riassumere quelle fondamentali, magari riportando qualche altro paragrafo del libro.
Adesso non posso farlo.

Aggiungo solo una domanda.
Se non ci chiediamo da dove arriva questa musica, come auspichi tu, non si potrebbe correre il serio rischio di rovinarla, di svuotarla, di togliergli l'anima che ha sempre avuto, di eliminare tutte le peculiarità  che ha acquisito negli anni, che la caratterizzano e che forse la rendono tanto potente???
Il fatto che sia potente adesso non significa che qualsiasi cosa le si faccia continuerà  ad esserlo per sempre.
E temo che "gli antichi sentimenti che risiedono nei cuori e nell'anima di tutti i salentini" si possano essere un poco affievoliti, magari proprio a causa dalle trasformazioni socio-culturali che rendono gli anni trenta così differenti dai tempi in cui stiamo vivendo, tanto da non essere più in grado di proteggere ed evolvere questa musica inconsciamente.
Forse ci sarebbe bisogno che questi sentimenti venissero in qualche maniera riscoperti e rinvigoriti.
Poi magari mi sbaglio.
Ne sarei contento.

Tu non ti sei mai chiesto come mai questa musica sia così potente?
pierpaolo.sicuro
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potente

Messaggio da pierpaolo.sicuro »

é potente perché secondo me c'é ritmo forte e primordiale, melodie in apparenza semplici ma sentimentalmente complesse, e non solo questo.
Quello che volevo esprimere io é la paura che scoprire o credere di aver scoperto i motivi della sua forza possa far sparire tutta la sua magia. Parlo sempre da musicista, non da studioso.
Devo assuolutamente smentire la tua convinzione che i sentimenti dell'anima salentina si siano affievoliti. Ci sono ancora, anche se meno manifesti a causa dei duri attacchi da parte dei media e della politica.
Sono daccordo con te su: "Il fatto che sia potente adesso non significa che qualsiasi cosa le si faccia continuerà  ad esserlo per sempre". Ma questo discorso vale per chi suona il tamburello da un mese ed esibisce il suo orgoglio sui palchi delle piazze, facendo solo danni. Non vale per chi evolve seriamente e naturalmente la nostra musica, avendola già  nel sangue delle vene ed avendo assorbito seriamente il contagio del nostro passato.

Non penso che bisogna fare qualsiesi cosa per far tornare la cosiddetta magia del passato; ti piacerebbe ritornare in un tempo in cui era dura per tutti? Per le donne, per le mani dei contadini, ecc..., con la sofferenza di tutti? Pensaci.
Per riflettere ancora meglio, ti faccio notare che sono spariti i motivi delle nostre sofferenze rispetto al passato, ma é rimasta la cura per ogni tipo di male: la nostra musica.
Riscoprire e rinvigorire gli aspetti del passato é un bel lavoro per storici ed etnomusicologi (anche se credo che l'etnomusicologia sia troppo alle prime armi, ancora), MA NON PER I MUSICISTI.
Inoltre non esiste più una musica dei contadini ed una musica dei borghesi. Non bisogna dunque tornare al passato, ma spingere la nostra musica nel presente ed oltre i nostri confini geografici, non per questioni di marketing, ma per condividere le emozioni di qualcosa che é sempre stato nostro e rimarrà  sempre nostro, e che possiamo solo far apprezzare agli altri, non farlo capire: sarebbe una pretesa incontentabile e non realizzabile.

Ciao
Pierpaolo
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andreap
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Messaggio da andreap »

Concordo con Valerio sul valore e l'attualità  del testo di Bartok.
Ma la mia domanda é:
Cosa hanno a che fare i grandi autori del 900 con la musica popolare? Cosa ha a che fare la musica colta con la musica popolare?
Che cosa é la musica popolare?
Parole...
Ecco cosa sono.
Niente di più... Nate dalla nostra esigenza di costruire recinti in cui ingabbiare generi, artisti, forme musicali...
L' esigenza di diversificare, di snobbare un genere a favore di un altro, di separare la musica colta da quella popolare, é a mio modesto avviso appannaggio di piccoli uomini con un pò troppo accentuato ego, molto spesso semplici scarsi esecutori di strumento, poco convinti autori di sbilenche composizioni o tronfi direttori (mi riferisco ovviamente a persone con valenze istituzional - culturali, ed a nessuno dei presenti alla discussione)

Quei Grandi Musicisti, Direttori, Insegnanti che mi é capitato di incontrare nella mia vita non mi hanno mai parlato di un genere a favore di un'altro, e di sicuro durante l'atto compositivo non si pongono il problema di cosa sia questo, da dove provenga quello, dove vada quest'altro... Come i buoni artigiani di una volta prendono tutto ciò che hanno intorno a loro e a disposizione, nulla viene buttato, ogni cosa trova il suo posto come in un paziente lavoro di cesellatura e nasce l'Opera, la Musica, insomma l'atto creativo trova il suo compimento con la nascita di qualcosa di "nuovo" frutto di un paziente lavoro e gioco di incastri.

Un esempio formidabile di questo sono le rielaborazioni di Bartok, le composizioni di Strauss II, la sinfonia "Leningrad" di Shostakovich, il Requiem per Pasolini di De Simone.

Ma come si arriva a questo?
La risposta a me la ha data un mio amico Galiziano, grande suonatore di Gaita:
" la testa nel domani, i piedi nella tradizione".

Io non so dirvi cosa sia la musica popolare, almeno non senza ricorrere ad una formuletta trovata su un libro. Di sicuro la formuletta può dare una definizione inattacabile di cosa sia, ma non risponde alla domanda:
cosa é PER ME???

Certamente non quello che era per i miei nonni (se mai si sono posti questa domanda, cosa di cui dubito fortemente...), di sicuro non quello che era per i miei antenati di 100 anni fa, ancora diverso da quello che era 200 anni fa, 300, e così via...
La tradizione é come gli uomini, é figlia del proprio tempo.

Ma allora che cos'é infine, per me?

"La testa nel domani, i piedi nella tradizione, il cuore che balla nel mezzo...!"

Andrea
giannino
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Messaggio da giannino »

Veramente i media e la politica degli ultimi anni mi sembra che abbiano fatto tutto il contrario che affievolire l'anima salentina...credo anzi che ne abbiano gonfiato l'ego oltremisura.

Ma apparte questo...
a sentire pierpaolo sicuro sembra quasi che la musica degli alla bua nasca dal nulla, o da un'indefinito ed indefinibile spirito salentino, che a prescindere da tutto saprebbe "naturalmente" come difendere la propria musica. Musica che, a quanto leggo, dovrebbe scorrere "naturalemente" nelle vene di tutti i salentini, e per questo renderli idonei alla sua esecuzione e salvaguardia.
Io credo invece che lo spirito salentino, come lo chiami tu, abbia fatto e stia facendo gravi danni a quello che era rimasto della propria cultura musicale, e che persone come valerio (ma ne conosco tante altre), che non sono salentine ( e che hanno l'umiltà  di non vantarsi di questa "patente"), siano in grado più di molti salentini di portare a termine questo scopo.
Valerio
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Messaggio da Valerio »

Non esagerare gianni'...
Al di la' del salentino-nonsalentino, quale sia il modo giusto per "portare a termine questo scopo", per usare le tue parole, non lo so, ma non credo ce ne sia solo uno.
Ne', tantomeno, che il mio sia più giusto di altri o addirittura il piu' giusto.
Io sono una persona che fino a qualche anno fa le tradizioni popolari non sapeva manco cosa fossero. La mia famiglia é di origini cittadinissime ed io ho sempre abtitato, anche se in campagna, troppo vicino a Firenze: non sono mai entrato in contatto con persone che soddisfano "le proprie esigenze materiali e morali secondo le proprie tradizioni", per dirla alla Bartok, finchà© non me le sono andate a cercare.
Certi contesti fino a non molto tempo fa mi erano non solo estranei, ma proprio sconosciuti.
Pierpaolo, quando parla di persone che evolvono "seriamente e naturalmente la nostra musica, avendola già  nel sangue delle vene ed avendo assorbito seriamente il contagio del nostro passato" penso si riferisca ad un'altra categoria di persone: ossia quelle che, a differenza di me, hanno vissuto da sempre a contatto con le proprie tradizioni ed hanno avuto modo di assorbirle e metabolizzarle negli anni.
Chi parte da una posizione tanto diversa dalla mia é ovvio che abbia pure un diverso punto di vista.
E mi pare anche lecito che possa rivendicare la libertà  di approcciarsi in modo differente alla tradizione della sua terra rispetto a come faccio io.

Però, ripeto, secondo me porsi anche delle domande può essere utile.
Addirittura fondamentale forse.
Non penso che, oggi, le tradizioni di un paese come il nostro siano in grado di autopreservarsi ed evolversi affidandosi all'istinto inconscio delle persone.
Viviamo in un mondo diverso da quello passato.
Dubito che "gli antichi sentimenti che risiedono nei cuori e nell'anima" delle persone siano sufficienti salvaguardare le nostre tradizioni.
C'é bisogno anche di un certo grado di consapevolezza secondo me.
E di un approccio prudente e critico.
Ma sono idee personali, ed é bene che ognuno abbia le proprie e le concretizzi come meglio crede.

Ho apprezzato molto il libro di Bartok per due ragioni fondamentali: la prima é il modo in cui l'autore é riuscito ad esplicitare, come io non sarei stato ne' sarei tutt'ora capace di fare, molte idee, impressioni, sensazioni, convinzioni che condivido al 100%.
La seconda é l'uomo Bela Bartok: persona di rara sensibilità , intelligenza e coraggio, che, compositore e musicista classico (tra i più grandi del suo paese), riuscì a percepire, capire, carpire quello che forse é il segreto più profondo, l'anima della musica contadina, al punto di schierarsi in aperto contrasto con tutto il mondo intellettuale, musicale, culturale dell'epoca pur di portare avanti le sue convinzioni e difendere le sue idee.
Arrivò a scrivere che "I giorni più felici della mia vita furono quelli trascorsi nei villaggi, in mezzo ai contadini".

Anche se non esiste un modo giusto in assoluto di approcciarsi alla musica tradizionale, ritengo che raggiungere un livello di consapevolezza simile a quello di Bartok per poi comportarsi, in coscienza, come meglio si crede non possa esser ne' dannoso ne' deleterio, anzi...

Vi propongo un altro stralcio del libro, copiato da "La musica popolare ungherese e la nuova musica ungherese" secondo capitolo della prima appendice del libro.
Poi basta, altrimenti mi arrestano :)

[quote:add9fd579a="Bartok nel 1928"]
[...]Il fatto che noi si sia personalmente proceduto al lavoro di raccolta, anzichà© conoscere indirettamente il materiale melodico popolare, attraverso pubblicazioni o manoscritti altrui, ha avuto un enorme significato. Le raccolte manoscritte o stampate, infatti, possono considerarsi come qualche cosa di morto, anche quando sono assolutamente attendibili. Esse in sostanza servono soltato per far conoscere le melodie, ma non possono nella maniera più assoluta introdurre nella vera e pulsante vita della musica popolare: per cui chi invece, come é stato per noi, vuole realmente comprenderla, deve - per così dire - viverla, il che appunto non é possibile se non attraverso il diretto contatto con i contadini. Per far sì che questa musica si conquisti completamente con tutto il suo potente fascino, - e ciò é necessario se si vuole che essa influisca in modo determinante sulla propria attività  creatrice -, non basta dunque impararne le melodie. Bisogna conoscere lo stesso ambiente in cui queste melodie prosperano! Occorre vedere la mimica dei contadini che cantano, partecipare alle loro feste da ballo, alle loro feste nuziali, assistere ai loro funerali (infatti, ognuna di queste occasioni ha le sue melodie particolari, spesso straordinariamente caratteristiche). Inoltre noi non volevamo procurarci singole melodie per inserirle integralmente o parzialmente nelle nostre opere, elaborandole secondo i procedimenti tradizionali. Così facendo avremmo compiuto solo un lavoro da artigiano che non ci avrebbe condotto alla creazione di un nuovo stile omogeneo. La nostra aspirazione era di intuire lo spirito di quella musica fino allora ignota e derivarne uno stile musicale assolutamente nuovo: per poter conoscere esattamente il senso di quella musica era però indispensabile compiere la raccolta personalmente e sul posto.
E' impossibile definire a parole lo spirito della musica popolare che noi cerchiamo di rievocare nelle nostre opere. Posso invece parlare in un modo abbastanza chiaro dell'influenza di carattere obiettivo da essa esercitata su di noi. Ma prima di passare a quest'argomento, vorrei fare una constatazione.
Io sono convinto che ognuna delle nostre melodie popolari, popolari nel senso stretto della parola, sia un vero modello della più alta perfezione artistica. Nel campo delle forme semplici ritengo quelle melodie, senz'altro dei capolavori, esattamente come nel campo delle forme complesse lo sono una fuga di Bach o una sonata di Mozart. Certo, é proprio per la loro concisione e la loro insolita maniera espressiva che difficilmente fanno effetto sulla media dei musicisti o dei musicofili.
Generalmente al musicista di livello medio, ciò che interessa di più di ogni opera musicale sono le solite, banali formulette che egli ormai conosce bene. Solo i luoghi comuni a cui é avvezzo gli fanno piacere; nessuna meraviglia, quindi, se tra questi musicisti la musica popolare non abbia avuto grande fortuna.
Dunque, a parte ogni altra considerazione, si può senz'altro dire che la musica popolare insegna l'essenzialità  dell'espressione e cioà© in sostanza proprio quello che noi cercavamo, dopo la prolissa espansività  dell'epoca romantica.[...]
[/quote:add9fd579a]
giannino
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Messaggio da giannino »

Secondo me una delle forme musicali più "popolari" del pianeta, nella duplice accezione di "tradizionale" e di "appartenente a tutto il popolo", é lo choro brasiliano che, attingendo da diversi generi importati da diverse parti del pianeta e divenendo poi un genere a parte e il genere nazionale brasiliano per eccellenza, ha saputo far tesoro dei contributi personalissimi dei vari musicisti che con esso si sono cimentati e che lo hanno arricchito ed aggiornato, pur non stravolgendolo completamente e lasciandogli sempre quel sapore popolare anche quando essi appartenevano alla fascia colta ed erudita della popolazione.
Credo che il fatto di essere "cittadini" non sia affatto un limite per quanto riguarda l'assorbimento dello spirito musicale popolare e tradizionale, e quale esempio migliore a riguardo della musica più popolare che abbiamo in italia, quella napoletana, nata, cresciuta ed arricchitasi nei budelli di quella sempiterna metropoli che é l'antica capitale borbonica.
Le tradizioni sono anche cittadine, e firenze sicuramente non fa eccezione.
Tanti figli di nobili argentini, penetrati di nascosto nei bordelli e nelle milongas portene, hanno arricchito e reso celebre , col ballo col canto e con la musica, qualcosa di cui in un certo ambiente ci si vergognava:il tango, al quale spesso si paragona oggi la pizzica per l'eornme ed improvvisa fama e diffusione.
Tanti figli di famiglie ultra-bene di rio de janeiro, una delle più grandi metropoli del mondo, sono andati ad ubriacarsi ed a prendere lezioni di choro nei peggiori bar e locali dei sobborghi, reimparando a suonare da zero strumenti con cui si erano diplomati nei migliori conservatori, e poi contribuendo essi stessi a mantenere viva ed a rendere famosa questa tradizione e questa musica.
A volte si riesce ad entrare nello "spirito" di un genere, di una musica, di una tradizione, anche quando non si é cresciuti in esso...l'importante é che lo si faccia con umiltà  e non con l'arroganza di chi si crede "erede naturale" di una tradizione solo per discendenza territoriale diretta.
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