Sviluppi della Notte della Taranta

raheli
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Messaggio da raheli »

Vedo che finalmente si entra nel vivo della discussione, perchà© a mio avviso il problema non é batteria sì o no, voci giuste o sbagliate, melodie migliorate o peggiorate! Sparagna o Copeland, e così via. Anche l'argomento soldi per la ricerca é secondario a questo punto.
(Oltretutto se ne parlo io poi qualcuno penserà  che mi lamento perchà© non mi finanziano le edizioni! io me ne son sempre fregato dei soldi pubblici e mi viene l'orticaria solo al pensiero di stendere un progetto da presentare alla Provincia per farmelo finanziare!)
Il problema vero é più generale: quale Salento avremo fra dieci anni? (o anche meno?)
Spesso chi non gradisce esteticamente la Ndt viene automaticamente bollato come retrogrado, contrario allo sviluppo musicale e sociale del Salento.
Così non é, almeno per me. Quello che contesto io non é solo il fatto musicale in sà©. A me può piacere o no, ma si resta sempre nel campo dei gusti personali che sono insindacabili.
Quello che contesto io invece é la direzione della politica culturale (e quindi turistica) del territorio.
Allora per rispondere al buon Sergio Blasi nel concreto, bisogna dire di no ai villaggi turistici e sì alle altre opportunità  di ricezione turistica meno invasive e devastanti. Bisogna dire di sì alla presenza del Salento in Internet attraverso siti che vendano a pacchetto la vacanza, ma allo stesso tempo bisogna dire di no alla pubblicità  ingannevole del Salento ideale dei paesini e dell'ambiente incontaminato dove la gente suona spontaneamente fino all'alba. Poi il turista arriva e trova le autostrade, il villaggio turistico con animazione, discoteca ed aerobica in piscina (come si chiama, spinning?) e la Notte della taranta.
Chi é venuto sapendo che avrebbe trovato questo sarà  contento, ma comunque questo tipo di turismo é fatto da persone che un anno vengono qui, l'anno dopo vanno a Tenerife, poi alle Maldive e così via.
Quindi accontentare questo tipo di turismo, cosa possibile solo a patto di distruggere il Salento e quindi bruciare definitivamente le aspirazioni turitiche del luogo, é un investimento economico fallimentare nel lungo periodo. Quando la moda sarà  passata, questo tipo di gente nel Salento non la vedremo più.
Ma chi é venuto invece alla ricerca di qualcosa di diverso, sarà  costretto, quantomeno, a fare il paragone con gli altri posti in cui vengono offerte le stesse cose. Ed in questo tipo di confronto il Salento perde.
Si può essere sul mercato solo potenziando quello che qui si trova e altrove no.
Il turismo su cui si dovrebbe puntare non é quello commerciale dei grandi alberghi e della Notte della taranta, ma quello che premia i piccoli interventi a misura d'uomo e d'ambiente, dove iniziative come quella apprezzabilissima di Salento in bus vengano almeno pubblicizzate a dovere, dove si possa mangiar bene senza avere la fregatura dall'agriturismo improvvisato, dove piccoli eventi culturali di qualità  e diversificati fra loro appaghino il desiderio di non trovarsi sommersi dalla folla di un mega concerto! dove sia possibile visitare le chiese senza dover andare a scovare il custode a casa sua e convincerlo, per favore, ad aprirci le porte dell'arte.
Il Salento é un posto bellissimo ma piccolo, fragile e delicato, dove é necessario muoversi con grande accortezza e sensibilità , non con la devastazione mai più recuperabile del cemento armato o con l'elefantiaca prepotenza della Notte della taranta.
Nel Salento la priorità  DEVE essere quella di allungare la stagione turistica: Sergio Blasi si faccia un giro nella desolata Torre dell'Orso ottobrina, dove tutti i negozi hanno chiuso dopo la prima settimana di settembre e chieda a chi vive di turismo quanto la Ndt abbia influito sul rendimento economico dell'estate.
E allora, andando oltre i gusti musicali di ognuno, che cazzata é quella di fare la Notte della taranta ad agosto? Ad agosto, in ogni caso non c'é spazio manco per farsi il bagno a mare, se non sgomitando fra la gente, é saggio creare eventi che richiamino ulteriori migliaia di persone proprio in quel periodo?
Quanto cemento armato dovremo goderci per tutto il resto dell'anno per rendere possibile l'aumentato flusso turistico dei quaranta giorni del'estate salentina?
E qui mi fermo se no mi dicono che sono barboso.
Chiedo scusa per la confusione. Le cose su cui riflettere sono tante e si accavallano e si intrecciano. Ma l'argomento é di importanza decisiva.
Parliamo ora, dopo sarà  tardi.
Ciao a tutti
RRaheliQuesto messaggio é stato modificato da: raheli, 03 Ott 2004 - 06:14 [addsig]
svincen
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Messaggio da svincen »

Molto interessanti gli sviluppi di questa discussione, che continua comunque anche sui giornali, non solo locali. Ieri (2 ottobre) ad esempio il quotidiano il manifesto ha dedicato una pagina intera alla NdT e al movimento salentino, con un articolo di Perfrancesco Pacoda e un'intervista di Alessandro Portelli ad Ambrogio Sparagna. Per ora mi limito a riportarli, poi magari, a freddo, ci faremo anche un commento (inevitabile, direi...).Vincenzo SantoroLe tensioni creative del Salento Trasformazioni in vista per la «Notte della Taranta». Per superare il clamore pop della «pizzica»PIERFRANCESCO PACODATutto é iniziato molti anni fa. Una storia che ormai ha assunto, nel corso del tempo, i colori acidi e visionari della leggenda lisergica. Lo scenario é ormai entrato nell'immaginario delle «subculture» italiane. I campi di tabacchi, le distese verdi, le masserie diroccate, due casse, un generatore e un mixer, qualche microfono per mettere in scena le prime dancehall del Sud Sound System, dialetto salentino e una «Giamaica interiore»; tradizione e modernità , il culto quasi ossessivo, maniacale, delle radici proiettate tra i suoni futuri della pista da ballo. La Notte della Taranta é nata qui, tra le casse devastate dai bassi profondi, tra i Technics traballanti e le rime di Gigi D., che cantava dello «spirito della Taranta» che lo possedeva. Ed é lì, nei primi anni `90, che si tessono nuovamente (e meravigliosamente) le fila di quel Salento folk revival che sembrava sino ad allora relegato tra le ballate bellissime del Canzoniere Grecanico Salentino che, lontano da ogni moda, continuava, sin dagli anni `70, la sua opera di divulgazione «sotterranea». Così, per le vie del reggae e dell'hip hop, che esortavano a trasferire l'orgoglio di essere neri nelle terre arse del Salento, inizia la conversione, l'attenzione per la musica popolare, per quelle «fonti» che si celano dietro le rime in dialetto di Don Rico ed suoi amici.Il tramite é la danza, il luogo le sagre di paesi, lontane anni luce dalle aspirazioni, insieme pop e colte, che daranno vita alla Notte della Taranta. Sono i palchi delle feste come «La sagra dellu Mieru», dove succede che, di fronte a un pubblico misto di anziani contadini, nuovi rockers, agguerriti hip hoppers e un popolo variegato di turisti, il Sud Sound System si trovi a condividere lo stesso paco con il grande Uccio Aloisi, prima che il vecchio cantante venisse celebrato come «il Compay Segundo del Sud Italia». Ma era, quella una dimensione destinata ad uscire dai confini locali, grazie al pressante «nomadismo» culturale che le dance hall generavano.Un popolo migrante di musicisti e appassionati, che confonde soavemente pizzica e hip hop, scampoli di tarantismo e ragamuffin. Complice il lavoro dello stesso Lapassade, di Piero Fumarola, docente dell'Università  di Lecce, e del critico musicale Gianfranco Salavatore (che ha curato le prime edizioni della Notte) che provano a descrivere l'essenza di un «neotarantismo» che riscopre il valore edonistico, e ovviamente rituale della trance.Queste sono le «radici» della Notte della Taranta, il più ambito festival etno-pop d'Italia, nato a Melpignano, Salento, nel 1998, su iniziativa del Consorzio dei Comuni della Grecìa Salentana e dell'Istituto Diego Carpitella. Il concerto é diventato il momento di espressione più alta del folk revival salentino, un evento che, complici le collaborazioni con musicisti che arrivano da mondi lontani (pensiamo a Stewart Copeland, nel 2003 e All'Orchestra Sinfonica della Provincia di Lecce nel 1991) ha fatto esplodere una scena che coniuga consapevolezza e voglia di ballare, la festa e uno sguardo rivolto al passato. Una forza che supera persino lo spettacolo emozionante delle 60 mila persone dell'estate 2004 (maestro concertatore Ambrogio Sparagna, ospiti, Franco Battiato, Francesco di Giacomo e Gianna Nannini), la consacrazione mediatica del potere devastante della pizzica. Musica, certo, ma anche parola, «furia del dire», per citare Lapassade.Quest'anno, infatti, al grande concerto nel Piazzale del Convento degli Agostiniani a Melpignano, insieme all'Ensembe amorevolmente assemblato e diretto da Ambrogio Sparagna, é andato in scena un «laboratorio sulla poesia», voluto da Giovanni Lindo Ferretti, «La vera novità  della Notte della Taranta - racconta Mauro Marino, poeta e agitatore culturale salentino con il suo laboratorio Fondo Verri - é nella domanda che Ferretti ha posto a 30 giovani scrittori in versi del Salento, se c'é ancora la necessità  di alleviare le tensioni, le sofferenze, le ire, di celebrare, invocare, di far festa inventando parole, versi, sonetti, rime». Il workshop sulle rima ha provato a rispondere, partendo dagli scrittori della tradizione di questo lembo di Puglia, Bodini, Verri, Toma D'Andrea, filtrati attraverso un cut up in bilico tra Burroughs e il ritmo onirico ed evocativo della tamorra. E infine declamati in un processione su un carro trainato da cavalli di splendide e dimenticate razze locali che ha attraversato la folla, raggiungendo il palco dello spettacolo. Un piccolo contributo alla trasformazione, fortemente voluta del Sindaco culto di Melpignano Sergio Blasi, che vorrebbe, con il lavoro di una Fondazione dedicata a Diego Carpitella, far passare sullo sfondo il clamore pop della pizzica sino all'alba (senza per questo mettere da parte il concerto), per concentrarsi su una sorta di laboratorio in progress che apra, finalmente, le tensioni creative di questa terra alle suggestioni planetarie.«La mia orchestra non va in trance»Il ritmo, le voci, i volti, l'organetto, la memoria, la piazza di Melpignano, la contaminazione... Parla Ambrogio Sparagna, «maestro concertatore» dell'ultima edizioneALESSANDRO PORTELLIUna conversazione con Ambrogio Sparagna, appassionato e carico dopo la Notte della Taranta di quest'estate a Melpignano, sull'esperienza di quest'anno e sul suo futuro.Quest'anno segna una svolta rispetto all'ideologia della cosiddetta contaminazione - cioé, all'idea che per essere contemporanea la musica popolare deve cercare legittimazione in altri linguaggi musicali. Tu invece hai cercato di mostrare che la musica popolare può innovarsi partendo da se stessa.Ho imparato soprattutto da Diego Carpitella che la musica popolare é un sistema culturale autonomo, un pensiero compiuto, che esprime forme, modi e repertori legati alle sue funzioni sociali. In Salento, mi sono trovato a disporre di una ricchezza documentaria senza uguali. Abbiamo lavorato sulle fonti, nelle raccolte di Alan Lomax, Diego Carpitella, di Ernesto De Martino, Gigi Chiriatti, Brizio Montinaro, Giovanna Marini; e ho cercato di creare un rapporto fra l'oggi e la memoria culturale, dare forme a una memoria attiva che non stia chiusa negli archivi, senza tradire il mio impegno politico e la mia storia personale - la musica popolare l'ho studiata all'università  ma l'ho imparata da musicisti tradizionali che erano mio padre e mio nonno.Lo strumento che hai scelto é un'orchestra di strumenti popolari. È la continuazione del lavoro che hai cominciato con la scuola di musica del Circolo Gianni Bosio nel 1976 e l'orchestra di organetti, la Bosio Big Band.Fin da allora volevo rivendicare la piena dignità  degli strumenti popolari. In un certo senso, un'orchestra di musica popolare é una contraddizione, perciò bisogna essere rigorosi nella scelta dell'organico e dei repertori e nel rispetto delle regole. Se imposti l'orchestra sugli organetti, l'organetto a otto bassi non ti consente più di due tonalità , e devi lavorare in questi confini: nella mia orchestra non ci sono tastiere. Lo stesso per i repertori: un po' superficialmente, la musica popolare del Salento é stata identificata solo con la pizzica, ma c'é molto di più - anche perchà©, con tutta la sua specificità , poi il Salento sta dentro tutta l'area dell'Italia centromeridionale, e trovi canzoni narrative, per esempio, che stanno in tutta Italia, come Cecilia o Fior di Tomba. Per me, la musica popolare sono soprattutto i canti, e ne abbiamo messi più di quaranta: canzoni narrative, canti di lavoro, canti dei carrettieri, una decina di canzoni in grico... Nelle edizioni precedenti, si eseguiva un numero limitato di brani e si dava molto spazio alle improvvisazioni, agli interventi liberi dei solisti strumentali; per me, la cosa più importante erano le parole. Ho scelto le voci non tanto per la tecnica, che si può insegnare, quanto pensando che ogni canto ha bisogno di una faccia, di una presenza specifica. Pensavo alla serata come una grande opera epica popolare, ogni canto una scena, e al centro le voci, in primo piano sul palco, coi i tamburelli all'apice della scenografia: la voce e il ritmo, la sostanza di questa musica.Parli di orchestra come contraddizione. Infatti la poetica della cultura popolare é una poetica della sottrazione, figlia di un'esperienza della scarsità : fare il più possibile con sempre meno mezzi. Invece l'idea dell'orchestra appartiene a un tempo di abbondanza, se non di consumo, con una poetica dell'aggiungere, dell'arricchire.Avevo due problemi. Il primo era un problema artistico: non ho dormito per notti intere perchà© comunque venire dopo Copeland, dopo uno che ha fatto la storia della musica pop, era una cosa da farti tremare; non mi sono sentito tranquillo finchà© non ho sviluppato un progetto il più lontano possibile dal suo. Il secondo - che é la prima cosa che mi ha detto Sergio Blasi, il sindaco di Melpignano - é un problema di ordine pubblico: qui tu hai quarantamila persone; se li fai annoiare, se li fai distrarre dalla musica, é il terremoto, può succedere di tutto. Perciò il progetto artistico deve anche tenere insieme la gente, che é molto eterogenea per generazioni, per estrazione sociale, per formazione culturale, farla stare attaccata alla musica cercando di arrivargli al cuore. La gente deve sentire che questo non é un rave, non sono i Rolling Stones; ma non puoi ignorare il parametro del gusto di questo pubblico. E infatti é andata benissimo, settantamila persone e non é successo niente.In un certo senso, in\trattenere... Mi é parso che il pieno orchestrale, le due batterie, certi suoni degli ottavini, addolcissero la durezza radicale della musica popolare. Anche l'idea dell'opera popolare, le canzoni narrative teatralizzate, non mi hanno convinto sempre. Nella ballata popolare il teatro é implicito nella voce narrante, che viene meno quando fai parlare i personaggi.È chiaro, in quel contesto di massa, se avessi fatto cantare Cecilia come é nella tradizione, sei strofe a voce sola, la ammazzavo.A me non piaceva il coretto.Giudizio legittimo. Ma ti spiego. Prendi San Franciscu, che é una canzone di malavita, la cantava Uccio Bandello. Se lì, con l'orchestra, la facevamo come la cantava Uccio, diventava davvero Casadei. Perciò l'ho portata da maggiore in minore, ho messo in evidenza il ritmo, e ha funzionato.L'effetto di dolorosità  che associamo al minore é comunque implicito già  nella vocalità  non accompagnata di Uccio Bandello, anche in maggiore.Ma io non avevo Uccio Bandello, e comunque non puoi prendere un cantore di settant'anni e sbatterlo sul palco da solo davanti a decine di migliaia di persone. Se va bene é paternalismo, se no é un disastro. Abbiamo fatto cantare una bambina di tredici anni, e lei canta con le stesse regole della nonna, anzi della bisnonna. Solo che attraverso lei queste regole antiche diventano contemporanee. Perchà© sono cambiati i corpi, rispetto al mondo contadino, e quindi cambiano le voci. Sono cambiate le funzioni, non ha senso ricalcare gli anziani - che comunque per fortuna ci sono ancora. Sulle batterie: non c'é un accordo di settima o di dominante in quattro ore di musica, non c'é una tastiera, comandano gli organetti, le voci e il ritmo. Perciò, per creare la varietà  senza la quale non reggi quattro ore di musica, devi lavorare sulla molteplicità  delle voci e sulla varietà  dei ritmi. Le batterie servivano a creare figure poliritmiche complesse, dialogando coi tamburelli. Ho lavorato mesi affinchà© i tamburellisti imparassero a suonare in poliritmia e a dialogare con gli altri strumenti.Prima hai detto: non é un rave. E non é neanche la riedizione della terapia musicale del tarantismo. Ma i media e molti operatori culturali continuano a parlare di trance...Sono tutte puttanate, e mi sorprende che anche in ambito universitario siano state a volte avallate. Il tarantismo ha segnato le persone; avevano la lettera scarlatta addosso. Fa stare male. La pizzica e il suo contesto sono una tecnica di cordoglio, e il movimento di cui fa parte la Notte della Taranta é forse una tecnica di cordoglio moderna che elabora una necessità  di riscatto politico e culturale. Tutto quello che si é creato in Salento é un movimento musicale, artistico, letterario molto più ampio; penso al laboratorio che ha fatto Lindo Ferretti sulle parole, coi poeti a Melpignano. E l'orchestra é proprio il contrario della mistica della trance: nella crisi della presenza perdi i contatti, mentre l'orchestra ti impone l'ordine di un'esperienza condivisa, regole comuni.So che pensate di dare continuità  a questa esperienza.Sì, Sergio Blasi pensa che dobbiamo creare qualcosa di stabile, una fondazione, in cui ci sia l'orchestra ma che serva a tramandare la storia musicale del territorio attraverso produzioni musicali, ricerca, attività  scientifica, e promozione del territorio stesso. Un'orchestra stabile di musica popolare é una provocazione politica: si tratta di proclamare che la musica popolare é un bene culturale che ha la stessa dignità  della musica classica o della lirica. Come lo stato sostiene attraverso fondazioni e istituzioni queste espressioni culturali, così é ora di dare piena legittimazione alla cultura popolare, riconoscere che chi picchia il tamburello o gonfia la zampogna non é meno artista di chi suona il flauto.Non c'é rischio che diventi terreno di giochi burocratici e di potere, e accentri una parte eccessiva delle risorse di politica culturale?Dipende dall'intelligenza di chi ci lavora e dal controllo del territorio. Una struttura pubblica deve raccogliere la pluralità  delle voci - lascerà  spazio perchà© farà  cose diverse dai gruppi che già  esistono, e al tempo stesso creerà  legittimazione per tutti. È un punto di arrivo per qualcosa che non comincia con la Notte della Taranta, ma comincia con Bella Ciao nel 1964, il Nuovo Canzoniere Italiano, il Circolo Gianni Bosio e la scuola di musica che abbiamo creato nel 1976, e tante altre cose. C'é stato un tempo, in tutti gli anni `80 ma anche prima, in cui noi che facevamo musica popolare siamo stati lasciati soli - l'università  si é chiusa in se stessa, alle feste dell'Unità  non ci volevano perchà© dicevano che eravamo vecchi...Molti, pensa a Giovanna Marini, hanno dovuto andare all'estero. Abbiamo continuato, abbiamo risalito la china; ogni cosa ce la siamo sudata. Adesso io il riconoscimento lo voglio. Io esisto anche come artista grazie a mio nonno musicista migrante e a mio padre organista a Maranola; ma sono anche uno studioso e un uomo di spettacolo, e anche dalle istituzioni voglio rispetto.[addsig]
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Ialma
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Messaggio da Ialma »

Quello di cui parli, Roberto, esiste, é fattibile e studiato scientificamente, e si chiama turismo sostenibile.Senza stare a tirare in mezzo i concetti di sviluppo sostenibile, basti dire che gli elementi di fondo su cui si basa, sono componenti di cui il Salento (e tutto il sud Italia in genere) é privo.- Rispetto per il territorio - Rispetto per le risorse non rinnovabili, siano esse paesaggistiche, umane e culturali.Rispetto sia da parte di chi del territorio ne usufruisce come stanziale e da chi lo fa come turista occasionale.Tornando alla NdT, il come é strutturata, con tutto il merito per Sparagna di aver "almeno"  provato a sdoganare un po di brani differenti rispetto alla deprimente media delle conoscenze salentine (senza commentare esecuzione e risultati) sta dimostrando che é una manifestazione che sta davvero andando avanti con le ultime gocce di benzina nel carburatore.Cosa si proporrà  per la prossima estate adesso che "si é ritornati alla tradizione" con le edizione 2004, Copeland ha già  dato, etc etc ?La NdT é un esempio di pericolosissima autofagia della musica tradizionale.Ok, una volta finito di "reinterpretare" (ed alcune interpretazioni della NdT 2004 sono stati un massacro e non una reinterpretazione) TUTTI i brani di Lomax, quelli di Brizio Montinaro, della Simpatichina, della Lucia De Pascalis, cosa avanzerà ?Persi i cantori, finita la voglia di cantare, é proprio il caso di dire che ci resterà  in mano una manciata di ragnatele.Versione moderna della storia della gallina dalle uova d'oro.[addsig]
...la luna aggira il mondo e voi dormite...
(tradizionale, Matteo Salvatore)
salentinitemarca
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Messaggio da salentinitemarca »

Le parole di Roberto ahimé sono tristemente assennate, che direzione ha preso il Sistema Salento? Dove porterà  questa tendenza all omologazione di tutto ciò che era "tipico" del nostro piccolo "mondo"? La musica tradizionale riproposta dalla maggior parte dei gruppi locali tende ad omologarsi, replicando generi musicali più vicini ai gusti del turismo di massa.Le coste sono ormai sature di villaggi turistici e stabilimenti balneari che fanno a gara per dare un immagine fotocopia di ciò che si può trovare nel resto d Italia e fuori.Il vantaggio a breve di avere qualche turista in più che poi non torna più, sarà  più che controbilanciato strada facendo dalla perdita futura d identità  salentina, faticosamente costruita in questi anni dalla bellezza del territorio fino ad ora marginalizzato, dalle canzoni polivocali dei nostri anziani, dai film di Winspeare, dalle poesie di Antonio L. Verri, di Salvatore Toma ed altri, ecc. .Rientra in questo ragionamento la scelta a livello politico di sponsorizzare grandi eventi, che una volta consumati non resta più niente, solo la distruzione ancora una volta di denaro pubblico, invece di promuovere un sistema di piccoli eventi che siano "autentici" nel valorizzare il nostro ricco patrimonio culturale e che siano soprattutto un faro per le nuove generazioni.La notte della taranta ha successo perchà© ci sono i giovani e meno giovani salentini posseduti dal salentinismo (territorio, dialetto, cultura in senso lato) e non dalla tarantola. La scelta di farla dopo Ferragosto caro Roberto é vincente perchà© solo in quel periodo ci sono gli emigranti salentini che sono la vera ricchezza del Salento e non i turisti dell ultima ora. Fatta in altro periodo perderebbe tutta la carica e rabbia esplosiva che si portano dentro chi lascia il Salento per stare 11 mesi l anno in territori dove manca quasi tutto quello che trovano nel posto natio. Quest ultimo aspetto é fondamentale, non bisogna perdere questa tipicità  della nostra terra,  perchà© l emigrante che vede il Salento omologato a quello che si trova facilmente in giro perde tutto l entusiasmo viscerale che ha per il momento verso la sua terra d origine.[addsig]
march
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Messaggio da march »

Ho letto interventi molto interessanti e intelligenti, quello che li muove é una cosa che dovrebbe muovere ogni Salentino che pensa al futuro suo e della sua terra: la passione.Spesso l'amore per la propria terra é così forte che ci fa vedere solo gli aspetti negativi di quello che succede. Questi aspetti indubbiamente ci sono, ma non sono soli: affianco c'é sempre qualcosa di positivo che  va cercato.C'é una teoria che mi é stata presentata in un corso di marketing strategico e che mi é sempre rimasta dentro perché valida a livello generale per un impresa, per una persona o per un territorio: la teoria delle possibilità  adiacenti. Il concetto é davvero semplice, si tratta di capire che ogni passo che possiamo fare oggi é possibile grazie ai passi percorsi ieri; e ancora, i passi che muoveremo domani sono connessi con quelli che muoviamo oggi.Interiorizzando questo modo di guardare alla realtà  in modo dinamico, mi viene da pensare che queste nostre discussioni sono possibili perché ci si é mossi. Ora si potrà  decidere quale sarà  il prossimo passo.La Ndt ha un merito importante nella storia del salento, come lo ha il più ampio movimento di riscoperta della musica e della cultura salentina: hanno creato una frattura rispetto al passato, hanno avvicinato i giovani salentini senza radici a una musica che si sarebbe presto dimenticata. Il discorso é lo stesso di coloro che si sono avvicinati alla pizzica per poi fare un passo oltre e scoprire anche altri aspetti della cultura popolare della propria terra, rendendola la loro cultura.Penso una cosa: dobbiamo dire grazie a tutti quelli che hanno dedicato i loro sforzi perché tutto questo potesse avvenire, grazie anche ai sindaci che hanno creato la ndt. Allora era utilissima.Ma ora? Credo che ora siamo pronti a decidere quale sarà  il nostro prossimo passo come Salento. E credo anche che questo forum e questo sito possa creare quello di cui abbiamo bisogno: una vision comune condivisa!marchQuesto messaggio é stato modificato da: march, 04 Ott 2004 - 06:40 [addsig]
salentinitemarca
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Messaggio da salentinitemarca »

Strategicissimo March il prossimo passo é l Azione con la A maiuscola, lasciare da parte o continuare in parte la discussione, ma incominciare a fare i fatti. Esempi: il coraggio di Roberto Raheli, ed il suo gruppo gli Amiré, di esporsi denunciando una situazione che é ormai sotto gli occhi di tutti ma pochi, come al solito, riescono a "vedere"; Edoardo Winspeare e la "Coppula Tisa".  Si potrebbe costituire un movimento indipendente e apartitico che abbia come scopo la salvaguardia della tipicità  del Salento così come la intendiamo Noi. Un bel Manifesto del movimento con tutto ciò che si vuole salvaguardare del nostro territorio. Il nome potrebbe essere SalvaSalento. Le attività  devono mirare a salvaguardare il territorio e la sua cultura.Siamo pronti per il Manifesto? [addsig]
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