Per un'apertura della Musica di Tradizione

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giannino
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Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da giannino »

Alcune considerazioni a partire dall'articolo di Lomax tradotto su questo forum da March...

Ad una lettura veloce della traduzione di “Saga di un cacciatore di canti popolari
Un Odissea di vent’anni con Cilindri, Dischi e Nastri
di Alan Lomax. "HiFi Stereo Review", Maggio 1960.” che March e altri hanno gentilmente pubblicato su pizzicata, un particolare salta subito all’occhio: la sua estrema attualità. Il che rende la nostra situazione di italiani del 21° secolo alquanto deprecabile. Mi riferisco in particolare a passaggi quali: “La maggior parte dei musicisti delle città considerano i canti delle vicine campagne con una crescente avversione altrettanto forte a quella che i borghesi neri americani sentono per i genuini canti popolari del profondo sud”. Ebbene, credo che in Italia la stragrande maggioranza della gente (ahimè musicisti inclusi) abbia un concetto ancora molto vago – nonostante la sempre crescente popolarità delle nostre musiche di tradizione – di quello che si nasconde dietro il termine “tarantella” (e rimaniamo nel generico). La situazione peggiora se iniziamo ad usare termini più specifici (pizzica, saltarello, giuglianese canto alla stisa, fronna ecc.ecc.). Ebbene, ciò che trovo di assurdo è come sia potuto accadere che si sia creato, nell’ambiente della musica italiana dagli anni ’40 in poi, un vero e proprio “nuovo strato” che si è letteralmente superposto al precedente – formato dal ricco substrato delle nostre musiche e canti popolari e di tradizione – senza che tra i due ci sia stata una pur minima contaminazione, degli scambi, delle intersezioni, delle sfumature. Tutto ciò fino ai giorni nostri, giorni in cui, dopo uno sfruttamento forse esagerato della musica detta di tradizione (sotto nuove forme che invece di tradizionale hanno ben poco), si assiste, da parte di pochissimi, a dei timidi tentativi di creazione di un genere (chiamiamolo World per comodità) che attinga dal ricchissimo patrimonio tradizionale per sfociare, naturalmente (e non forzatamente, come invece molti hanno fatto cercando di raggaezzare, elettrizzare, jazzizzare a tutti i costi la pizzica) verso sonorità più moderne, accattivanti, orecchiabili per i giovani (ma non solo) dei giorni nostri. Perché, dal mio punto di vista, non ha alcun senso cercare di conservare integre le proprie tradizioni (diciamo anche musealizzarle, imprimendo definitivamente su un supporto fisso qualcosa che invece è e dovrebbe essere estremamente vivo, mutabile, in evoluzione) se poi il mondo circostante le ignora del tutto, e non assorbe questa ricchezza per dar vita a forme d’arte che siano ATTUALI. Perché non si può vivere nel passato, e tanto meno nel ricordo e nella nostalgia del passato. E quando parlo di mondo circostante, non mi riferisco alla piccola cerchia degli interessati e dei super appassionati di tradizione. Mi riferisco agli altri 60 milioni di Italiani (è un fatto ormai che ci sia un popolo dei “nostalgici”, nel quale mi ci trovo spesso anch’io, che non fa altro che girare per feste tradizionali, e che spesso si trova ad ANIMARE queste feste “tradizionali”, snaturalizzandole e rendendole, in fin dei conti, monotone e ripetitive. Ultimamente, diciamolo, da San Rocco a Montemarano a Cardeto si vedono sempre le stesse, le solite facce.). E di questo, noto che se n’era già reso conto Alain Lomax, quando per esempio, citando sempre la traduzione di March, dice:
“E la Radio Italiana, fedele ai suoi obblighi con Tin Pan Alley, mette in onda un menu di musica pop napoletana e di jazz americano ogni giorno nelle migliori fasce orarie. È semplicemente naturale che i musicisti popolari di paese, dopo una certa esposizione agli schermi televisivi o agli altoparlanti della RAI, possano iniziare a perdere sicurezza nella loro tradizione. Un giorno in cui faceva molto caldo, nell’ufficio del direttore artistico dei programmi di Radio Roma, persi la pazienza e lo accusai di essere direttamente responsabile di distruggere la musica popolare della sua Nazione, la più ricca eredità nel suo genere in tutta l’Europa occidentale. Contro questa persona di grande carisma, sfogai tutta la disperata rabbia che nutrivo per la nostra cosiddetta civilizzazione, una spietata azione di vendita che sta spazzando via dal mondo la memoria di tutti i modelli culturali non conformisti.”

Ebbene, cosa c’è di più attuale? Dopo 50 anni, e la scoperta del valore che hanno le nostre “e le altrui tradizioni”, è restato tutto come prima. Niente spazio in radio, niente spazio in tv, niente sovvenzioni per spettacoli e concerti dal vivo. Niente di niente. Solo qualche programma televisivo idiota che, con la scusa del cibo e del vino, mette in mostra le belle chiappe di una neotarantata da gruppo folk. E spettacolini del genere. Nella cultura, come nella politica, come nell’arte, come nella storia, siamo rimasti fermi agli anni ’50. Che sono anche il limite per cui anche all’estero siamo tenuti in considerazione. Perché, se fosse per noi contemporanei, saremmo famosi solo per aver votato al governo una specie di dittatore e per aver vinto qualche (in realtà solo un paio) coppa del mondo di calcio.
Tutto ciò acquista più valore alla luce di eventi estremamente interessanti, come quello appena trascorso in Puglia relativo all’inaugurazione ed all’apertura al pubblico dell’archivio sonoro. Ecco, il mio augurio è che questo archivio “chiuso tra quattro mura”, in cui è “rinchiuso”, o, meglio, racchiuso gran parte di ciò che ci resta del nostro patrimonio musicale, “esploda” figurativamente in un apertura che renda attuale ciò che per i nostri antenati era “attuale”. Un archivio insomma che appartenga a tutti noi (a chi ascolta ed a chi fa musica) come le nostre tradizioni, e che non diventi solo meta di ricercatori (e sedicenti tali).
Io guardo con molto piacere – qui da Parigi, città in cui mi trovo attualmente – a certa musica con basi fortemente popolari e tradizionali come i generi “klezmer”, o a molta della musica “balcanica” o rumena, a tantissima musica africana e sudamericana, ed anche alla musica locale (il trad, come lo chiamano qui), che ha saputo mantenersi viva e rinnovarsi (e mi riferisco anche al rinnovo di stili, di strumenti, di voci) naturalmente, senza forzature, senza esagerazioni. Creando, appunto, dei “generi” che possono definirsi tradizionali o contemporanei allo stesso tempo, e che attirano nei bar, nelle sale di concerto, nei festival, un pubblico vasto ed estremamente eterogeneo e non formato solo da “chi ne sa”, o da “chi sa ballare”. Come non pensare agli arrangiamenti di Bregovic, all’utilizzo massiccio di tastiere, sax, fisarmoniche (strumento giovanissimo e tecnologicamente sofisticato) nella musica balcanica e rumena. O all’ “autorialità di tradizione” di molta della musica mediorientale (libanese ad es.), africana, nordafricana (ad es. la musica kabil!) o sudamericana dei giorni nostri. In definitiva, penso un po’ a noi italiani come a dei geni repressi, repressi da noi stessi. Ci divertiamo ad imporci dei limiti, spesso a causa della pigrizia di chi quei limiti non vuole superarli. Insomma, avremmo potuto e possiamo fare di più per la nostra musica di tradizione (e forse lo avremmo fatto “facendo di meno”)… possiamo innanzitutto suonarla. Ma non nel modo “museale” che spesso ci ha contraddistinto finora, bensì cercando di entrare nell’atmosfera di naturale ed ingenua creatività che contraddistingueva chi questa musica la faceva (e la fa ancora) pensando ad essa non in termini di “musica tradizionale”, o “popolare”, bensì di MUSICA tout court.
Giovanni Semeraro
march
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da march »

Peccato che nessuno ti ha risposto finora Giannino..è un post così interessante!!

Un primo pensiero che mi viene in mente è che l'articolo di Lomax è così ricco di spunti e sfumature che persone diverse sono in grado di coglierne degli aspetti molti vari! Infatti io sarei arrivato a considerazioni diverse partendo dai passi che hai citato.
In estrema sintesi direi che non sono totalmente d'accordo con te ma che non sono neanche totalmente contrario a quello che dici: è una questione di punti di vista, e quello che leggo nel tuo post è il punto di vista dell'artista (peraltro in gamba!) che è in te.
Provo a spiegarmi perchè non è mai facile esplicitare pensieri confusi.
Secondo me dobbiamo considerare due strade quando parliamo di musica popolare o di musica tradizionale. Due strade che possono essere percorse entrambe dalla stessa persona ma che vanno tenute distinte per finalità e scopi.

La prima strada è quella della musica popolare "del popolo" cioè quella che non ha bisogno di artisti per esistere, quella che si identifica come un bisogno espressivo della gente. Per comodità fammela chiamare "musica popolare radicata".

La seconda strada è quella del palco, della musica fatta per intrattenere la gente che ascolta in un modo più moderno se vogliamo. Chiamiamola "musica popolare sradicata".

I termini che uso sono solo così per capirci (ognuno può usare i suoi termini).

Quella che Lomax ricercava era la musica radicata. Fissa nel territorio o in una comunità. Quella musica che oggi maggiormente rischia l'estinzione. Quando parla di trasmissioni radio, da quello che interpreto io, lui si riferisce alla musica radicata, non alla musica da palco. Il suo scopo sarebbe stato di dare fiducia alla gente comune per fare capire loro che la loro musica non era brutta solo perchè diversa da quella che altrimenti sentivano tutti i giorni alla radio.

In un altro punto nell'articolo dice che i gruppi di "riproposta" (non li chiama proprio così, perchè a quel tempo non era una riproposta come la intendiamo noi oggi) tendevano a escludere dai loro brani i tratti rudi, sgraziati o non orecchiabili (anche a livello di testi, oltre che di musica) per avvicinarsi alla gente. In qualche modo toglievano quel carattere di genuinità alla musica radicata per farla salire su un palco (sradicandola dal contesto originale).

Purtroppo rischio di dilungarmi troppo. Per me bisogna tenere distinte le due musiche popolari. La musica radicata deve trovare la sua ragione di esistere nella comunità che la esegue e la fruisce contestualmente. Una comunità che parla lo stesso linguaggio, che capisce le finezze stilistiche, che apprezza timbriche e sfumature, che è in grado di seguire il botta e risposta di una stornellata o di emozionarsi per un melisma ben riuscito su un quarto di tono calante (anche se non serve la consapevolezza colta di ciò, ma quella dell'orecchio).

La musica sradicata invece ha la sua ragione di esistere nel favore del pubblico. Come il blues moderno rispetto a quello delle radici, come il jazz o gli altri "generi". Parli correttamente di generi musicali, una categoria che ha senso quando parliamo di musica per il pubblico, ma che ne ha meno quando parliamo di musica autoprodotta da una comunità.

Se parliamo di musica sradicata, sono d'accordo con le tue riflessioni. Si parla di artisti che, come tali, non devono essere imprigionati in schemi rigidi, ma devono sentirsi liberi di innovare, creare, arrangiare. Tu stesso dici che però molti risultati della contaminazione della musica salentina sono stati piuttosto poveri. Questo secondo me perchè non tutti sono artisti di rilievo e quindi i risultati vengono di conseguenza. Ma c'è anche un'altro motivo: non tutti quelli che hanno tentato di innovare, avevano le spalle forti nella musica radicata.. Questo è altrettanto importante.
Prendiamo un esempio di bella "contaminazione": il disco di Dario Muci. Dentro c'è grande maestria degli artisti, ma anche una buona conoscenza delle regole della musica radicata!

Ma non dimentichiamoci che la musica sradicata perde senso se manca la musica radicata. E il mondo affascinate che leggo nelle pagine di Lomax, non è un mondo di artisti (con qualche eccezione..) ma prima di tutto un mondo di gente comune che, in una società non ancora del tutto consumistica, usava il canto e il suono come forma di relazione e di scambio sociale. Secondo me oggi la sfida più grande, quando parliamo di radici culturali, è proprio di riappropriarci di questo patrimonio culturale per noi stessi, e ritrovargli una funzione in una società che è cambiata tantissimo, che sembra escludere tutto ciò che resta fuori dal mercato, ma che avrebbe bisogno (sempre secondo me) che la gente ritornasse a barattare o donare gratuitamente la produzione del proprio divertimento!

Una distinzione simile, come esempio, lo abbiamo nel mondo della cucina. La cucina tradizionale della gente comune e quella degli chef. Credo che il discorso di aprire la tradizione all’innovazione vada bene per il lavoro degli chef, ma che non sia la scelta migliore per i piatti forti della nonna!

march
giannino
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da giannino »

Certo i punti di vista su questa discussione possono essere molteplici, e le differenze di pensiero ed opinione anche assai sottili. Credo però che la musica dell’artista (grazie per il complimento! Non credo di meritarlo) non sia una cosa “altra” rispetto alla musica del popolo. Ogni popolo ha i suoi artisti, all’interno del popolo stesso, e ce li aveva anche quando non esistevano le scene, i palchi, le tv. Ogni popolo riconosce i migliori esecutori dei generi all’interno del repertorio del popolo stesso. Spesso, i migliori sono indicati in quelli che hanno maggiore personalità, creatività, carisma, tecnica (non trovi che ciò combaci anche con la definizione contemporanea di artista?). Non è vero che tutti cantavano, tutti comunicavano stornellando, tutti ballavano. C’erano le personalità come ci sono oggi. Solo, organizzate in modo diverso.

Bisogna tenere in considerazione anche che i modi di comunicare cambiano col tempo. Se prima si comunicava cantando dalla chioma di un albero durante la potatura, non è detto che noi dobbiamo oggi, per comunicare, “imitare” i modi di comunicare di allora. Anche perché poi ci toccherebbe potare veramente, e là sarebbero dolori!!

Per quanto riguarda il discorso della musica gratuita, sarei tentato di darti ragione…ma non posso farlo. Nel senso che sono tentato di paragonare il “cantare durante la raccolta del tabacco” di una volta al “cantare sotto la doccia” o “allo stadio” di oggi. Oggi non c’è la raccolta del tabacco, ieri non c’era la doccia (né lo stadio!!). Siamo d’accordo comunque che entrambe sono espressioni “gratuite”. Diverso è il discorso per altri tipi di prestazioni musicali, come possono essere i balli dei tempi passati, paragonabili ai concerti di oggi. Ebbene, sia che si svolgessero durante matrimoni e feste varie, o che fossero espressamente organizzati come balli, questi eventi prevedevano un’orchestra competente che almeno facesse andare a tempo i ballerini. Spesso i musici erano pagati, in soldi o natura. E poi, se venivano pagate perfino le orchestrine per le tarantate!! Sic. Oggi ci scandalizzeremmo se qualcuno chiedesse un pagamento per una tarantella al capezzale di un’adolescente malata. Riflettiamo.

Il succo del discorso è che noi oggi tendiamo a mettere nello stesso calderone ninne nanne, canti di lavoro, canti religiosi, musica da ballo, stornelli, accomunandoli sotto l'etichetta di "tradizionale". Io penso che invece sia utile tenere distinti gli ambiti. Anche oggi nelle chiese si canta gratuitamente, e le operaie calzaturiere della mia città cantano per 12 ore di seguito per far passare il tempo. Gratuitamente. Credo che il panettiere, nella lunga notte che passa al lavoro, canti anche lui, ma nessuno si sogna di andarlo a registrare.

So che le band tradizionali rumene invece sono formate da sempre da musici di professione, riconosciuti come vere autorità nei loro villaggi! E guadagnano anche bene.

In ogni caso la discussione è intricata, e non ha un’unica soluzione, ma forse lo scambio libero di opinioni su questi temi potrà donarci qualcosa!
Giovanni Semeraro
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quirino
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da quirino »

Secondo me a complicare il tutto contribuisce il fatto che anche la musica non da palco subisce le influenze di quella da palco; vi è un continuo influenzarsi reciproco.
Inoltre consoderiamo pure che fino a qualche anno fa la diffusione della musica in senso generico intesa come pratica, nei diversi strati della popolazione, è stata considerevole, pochi sono, tra quelli che fanno musica popolare da palco, a non essere passati per altri generi musicali. Questo va considerato, soprattutto lo devono comprendere i primi che fanno musica perchè a mio avviso, spesso, manca un livvello di consapevolezza sul proprio percorso musicale.
Le circostanze fanno l'uomo non meno di quanto l'uomo faccia le circostanze.
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andreap
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da andreap »

Ragazzi... Che bellezza rileggervi, non avete idea della gioia che mi date!

Devo dire che non è semplice aggiungere argomentazioni alle vostre già esaustive, mi piacerebbe però aggiungere un piccolo ricordo tramandatomi da mia nonna.

Beh, lei mi raccontava spesso che quando loro erano piccoli non c'era la televisione, i giradischi, e pochissimi avevano la radio in casa... l'unico svago che si concedevano (e che era concesso, pur secondo gli usi locali) era ballare, e molto spesso l'unico strumento che avevano a disposizione e che potevano suonare senza troppa "fatica" (musicalmente parlando) era il tamburo, e quindi uno suonava la tamburella e tutti giù a ballare! a volte quando non c'era il tamburello (perchè non tutti potevano permettersi di possedere strumenti) si prendevano due coperchi e si sbattevano...

In questo piccolo, ingenuo raccontino c'è tutta la diversità generazionale tra noi e loro, una diversità a mio avviso, purtroppo, incolmabile...

Il continuum di conoscenze, di usi e usanze che si tramandava da generazioni fino ai nostri nonni o per i più grandicelli di noi ai nostri padri è stato spazzato via in cinquant'anni di musica registrata, televisione, internet... Tutto questo ha semplicemente sostituito i semplici passatempi contadini con altri, non si può tornare indietro e a mio avviso riproporre i modi dei nostri nonni al giorno d'oggi, soprattutto su di un palco, può al massimo risultare grottesco...

Certo qualche scampolo è rimasto.., nelle case, talvolta nelle osterie... capita che si "stutino" i televisori, si spengano le radio, i bambini si settano sulle seggiole e gli adulti cacciano il rosso nuovo, allora magari salta fuori qualche strumento e partono gli stornelli... Di solito sono gli sfottò ad aprire.., poi forsei salta fuori na ciaramella se Dio vuole 'ntonata...e dopo un pò magari qualcuno intona una cantata che ti strappa il cuore...

Basta poco in effetti, basta farlo... e chissenefrega dell'intonazione na volta tanto!

Questa per me è la vera "riproposta", il resto è fumo...molto più spesso noia.

Un saluto affettuoso

andreap
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Yerushalom
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da Yerushalom »

Davvero interessante questa discussione, mi piace lo scambio di idee che sta venendo fuori.

Caro Giannino, di questo argomento ne abbiamo parlato tante volte dal vivo... e devo dire che continuo ad essere d'accordo con te. :wink:

La musica popolare dovrebbe evolversi naturalmente, senza tante "seghe mentali", per dirla come va detta.
Il problema che secondo me ha causato tutto queste divergenze a cui assistiamo giornalmente sul questo forum (e nel nostro ambiente "popolare"), è il fatto che ci sia stata una rottura, una discontinuità nella tramandazione della musica tradizionale.
Quella a cui ci riferiamo oggi è spesse volte la musica che suonavano i nostri nonni, o addirittura bisnonni... e non i nostri genitori come dovrebbe essere normalmente. Questo ha portato noi (nuova generazione) a tentare di recuperare qualcosa che sentiamo si stia estinguendo, e forse è vero... solo che dal momento in cui l'abbiamo ripresa, è nata in noi la paura di poter perderla per via della "contaminazione" spregiudicata che è stata fatta, quindi ora ci ritroviamo a tenercela stretta tra la braccia, impedendole di camminare da sola per paura che si rovini.
Nella maggior parte dei casi, non esiste un giusto atteggiamento verso la musica popolare.
Si assiste spesso a due episodi: Il primo in cui c'è letteralmente uno sputtanamento della musica tradiziona attraverso dubbie "contaminazioni" di tipo reggae, metal, punk, etno, antani e coccodè... e dall'altra ci sono i "talebani" (come li chiama il mio amico Davide) che a tutti i costi cercando di non "contaminare" la musica tradizionale risultando a volte ridicoli (del tipo: Le Rodianelle si suonano con la battente scordata, con il ritmo vacillante e la voce urlata e stonata... esagerando ovviamente).

Secondo me uno degli esempi più riusciti di normale tramandazione di una tradizione lo si può trovare a Montemarano (Avellino).
Lì l'oramai famosa e stupenda tarantella si è evoluta normalmente, con continuità, di padre in figlio. Si è passati dai doppi flauti alla ciaramella e organetto, all fisamornica e al clarinetto, e addirittura al sassofono soprano (Battista una volta... :mrgreen: ) con una naturalezza incredibile... senza grandi litigi su: "E' giusto o no, è tradizionale il clarinetto, la fisarmonica, il tamburo sinetico, ecc. ecc.".
Questo secondo me è davvero un esempio perfetto di continuità della tradizione. E attenzione... non è che a Montemarano i giovani vadano in giro con le coppole oppure arino il terreno con la i buoi... sono ragazzi normale, attuali, moderni... con i pantaloni firmati, i capelli ingelatinati, la MiniCooper e il contatto Facebook... solo con una consapevolezza della propria tradizione, vissuta in modo normale.

Non so se riusciremo anche noi in Puglia (e altrove) a riprendere in mano il filo della tradizione senza tirarlo troppo oppure non tirarlo per niente... "Sperèm" (come dicono quì i Bolognesi)...
L'artë jà giardoinë, cë nan accugghjë la sairë accugghjë la matoinë...http://www.myspace.com/domenicoceliberti
Damiano
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da Damiano »

Oèi! Mengocce! Mieste de balle, come stiè?

Giannino, tu rimani il solito cornuto, naturalmente ti aspetto a Martina con la mazza da capraio in mano...

Da buon cantore (leggi: cacacazzo) di musica popolare in un paese che ha rinnegato quasi totalmente la sua tradizione musicale popolare (in otto anni di ricerca sì e no sono riuscito a registrare solo una trentina di canti, naturalmente nessuno più in funzione) mi trovo d'accordo con Andrea P. (ma sei Andrea Piccioni lo zampognaro messinese? Da quando pizzicata ha chiuso ho perso parecchi contatti...).

Oggi, va bene tutelare la musica popolare tramandataci dalle generazioni precedenti e dai nostri nonni, se a Athanasius Kircher non fosse venuto il ticchio nel 1642 di annotare che diavolo succedeva ai tempi suoi dalle parti di Lecce col cavolo che avremmo oggi l'"Antidotum tarantulae".... io poi, voi tutti mi conoscete, non dormo la notte nel senso letterale (un giorno o l'altro mia madre mi caccerà di casa per tutto il rumore che faccio alla ricerca delle merendine nascoste, studiando studiando viene fame...) per pensare a come diavolo fare per salvare il salvabile...

Però però. C'è un però. E Giannino che mi conosce, da buon murgese saprà di che parlo. Mieste Giuanne, ti ricordi quella mattinata che facemmo a settembre 2008 a Villa Castelli, a sfotterci a colpi di stornelli nei rispetti dialetti? Vedi se ti ricorda qualcosa....

"Giuanne 'mpà Giuanne,
t'era miette i mène 'nganne,
quanne noggue amma stà sole
te l'ì sckattà 'ndrétte 'ngole!"

... ...

"E javuelì javueléje,
vine a scrévete 'nda cungreje,
ne scème 'mprucessione,
jé puorte a crosce e té 'u gunfalone!"

Stornelli che abbiamo cantato insieme, composti lì per lì, "in presa diretta" diciamo, riferentisi a noi e alla nostra vita di tutti i giorni, com'è nella natura della musica popolare. Sì, è bello cantare gli stornelli antichi, ma dopo un po' vengono a noia! E allora è bello cantarne di nuovi inventati lì per lì (peccato che non si abbia proprio allora un registratore a portata di mano...). Se nella pizzica (parlo di quella di oggi, tipo ronde solite che facciamo) è difficile improvvisare per via della velocità della musica strofe belle e ben fatte, nelle matinate fra amici, più lente, c'è quel margine di tempo in più per pensare lo stornello e vi giuro che escono cose spettacolari!

Vabbè. Mieste de balle, vi abbraccio. Vi penso spesso e mi auguro di rivedervi quanto prima e di farmi na cantata con voi. Abbracci,

Damiano
Obarra
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da Obarra »

Ciao, Damiano,

In tutta la tua zona si è perso il canto improvvisato? Abitando in una realtà diversa, mi è difficile capire come mai si cantino degli stornelli antichi e fissati nella sua forma ma, essendo tutti in questo forum interessati alla tradizione, non vengano improvvisati in una serata tra amici. Dalle mie parti, del resto assai lontane, ci sono posti dove non si è perso il canto improvvisato, anche se è venuto meno, e altri dove, dopo essersi perso, ha subito una ripproposta.
ANYAD
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Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da ANYAD »

Sono le 4.17 del mattino...sono DAVIDE ROBERTO...è stato il post più bello che abbia mai letto inerente la musica tradizionale e la sua apertura. Ho letto l'argomentazione di Giannino (ciao giuà!) e di Yerushalom (ciao Mimmo!) e il resto dei commenti. Belli e pieni di spunti di riflessione...non abbiatene a male...è tardi! Il mio pensiero lo condividerò al più presto...anche se a dire il vero qui mi sono commosso:

"Quella a cui ci riferiamo oggi è spesse volte la musica che suonavano i nostri nonni, o addirittura bisnonni... e non i nostri genitori come dovrebbe essere normalmente. Questo ha portato noi (nuova generazione) a tentare di recuperare qualcosa che sentiamo si stia estinguendo, e forse è vero... solo che dal momento in cui l'abbiamo ripresa, è nata in noi la paura di poter perderla per via della "contaminazione" spregiudicata che è stata fatta, quindi ora ci ritroviamo a tenercela stretta tra la braccia, impedendole di camminare da sola per paura che si rovini."

a presto...

ps: vorrei conoscere questo DAMIANO...DEVE ESSER UN TIPO IN GAMBA...
Damiano
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Iscritto il: 10 novembre 2003, 22:10

Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da Damiano »

Eh, Davide! Dopo che hanno fatto me hanno buttato via lo stampo! Perchè se n'erano accorti che c'era qualcosa che non funziona!
Damiano
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Iscritto il: 10 novembre 2003, 22:10

Re: Per un'apertura della Musica di Tradizione

Messaggio da Damiano »

Buon Anno!

"Je so' Gennare lu cape potature,
e ceche l'occhie a tutte le potature,
li corne robbe ad ogne pecurare,
e pure a chi sparle de Gennare!"

Apro il primo post di quest'anno con una "sangiuannare dei 12 mesi" (come la chiamo io), qui su pizzicata, un po' sempre per l'amore che nutro per questo sito (che, PRIMA DI E NONOSTANTE FACEBOOK, ha avuto il merito di far riunire tanti musicisti popolari italiani), ed anche un po' per smuovere le acque su sto benedetto forum.

Rileggendo 'sto post mi viene in mente una cosa che molti hanno trascurato: i cantastorie popolari quali Tonino Zurlo, ad esempio. Tonino, amico personale, in attività da più di trent'anni, compone canzoni estremamente attuali usando per lo più strumenti e melodie di sapore tradizionale. Vi faccio riferimento alla canzone che più mi sta a cuore del suo repertorio: "Lu scarpare", che parla di un ciabattino che negli anni Settanta fu costretto ad emigrare da Ostuni alla Germania, abbandonando il suo povero ma fantasioso lavoro di ciabattino per un remunerativo ma snervante lavoro in fabbrica. Una delle strofe che più mi fa piangere è:

"Se ne scìe da stu paise,
ca qua jere nu paravise,
ne scìe da stu paise
pe scè faje le ternise",

cosa che ho vissuto in prima persona perchè sono nato e vissuto in Svizzera da genitori emigranti, e quindi il dramma dell'emigrazione l'ho vissuto sulla mia pelle. Un esempio, per concludere, di come la musica popolare possa parlare di temi contemporanei.

Abbracci di Buon Anno ancora,

Damiano
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