Il flauto di aramirè

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raheli
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Il flauto di aramirè

Messaggio da raheli »

Chiunque abbia visto almeno un concerto di aramiré non può non aver notato il flautino che suono.
Un flautino in sol, piccolo piccolo ed acuto, che ho costruito io stesso.
Credo che però non tutti ne conoscano la storia.

C'era una volta una canna da pesca, di quelle di un tempo, di pezzi di bambù che si incastravano l'uno nell'altro a formare una canna di cinque metri, canna fissa, per pescare dagli scogli o tutt al più dalla banchina del porto, nello specifico il porto di Gallipoli. Sì, perchà© all'epoca nel porto di Gallipoli era comune pescare. Oggi non so.
Quella canna era di mio zio, lo zio Nuccio, fratello di mio padre, classe 1913.
Lo zio Nuccio era un grande vinificatore, si divertiva a fare rossi, rosati, bianchi, vini frizzanti. Il suo cavallo di battaglia era un negro amaro per gente integra, praticamente nero, che se macchiava la tovaglia non c'era verso di sbiancarla neanche con l'acido solforico.
Tredicigradiemezzo minimo, massimo un bicchiere a pranzo, oppure ci voleva una pennichella pomeridiana di! un paio d'ore.
Lo faceva senza nessuno fra i piedi, lo imbottigliava in bottiglie serie, corazzate, di quelle che bisognava assolutamente ridarle indietro se no guai, attento alle lune, allo scirocco e lui solo sapeva che altro.
E lo vendeva a chi diceva lui, guai a portargli da riempire un recipiente di plastica e peggio ancora una damigiana non perfettamente asciutta.
Con mio zio Nuccio, con mio padre, qualche volta con lo zio Augusto, grande pescatore (quando si degnava di venire con noi dilettanti) io e mio fratello andavamo a pescare.
Ope, saraghetti, sciudei (cazzi di re), lappane! quello che c'era.
Lo zio Nuccio con la sua canna superava tutti noi e pescava.
Ricordo una volta che non si trovava il cimino della canna, la parte sottile che sta in punta. Gira gira alla fine salta fuori che mia zia l'aveva usata per tenere su una pianta. Una tragedia.

Insomma questa canna ad un certo punto fu parcheggiata a casa mia e rimase lì, abbandonata al suo destino. I grandi si facevano grandi e di andare a pesca non avevano più voglia. Noi piccoli ci facevamo grandi anche noi ed avevamo altro da fare.
E le canne restavano a tarlarsi, abbandonate in uno sgabuzzino.

Non so bene perchà©, ma ad un certo punto della mia vita di adolescente maturò in me l idea di costruirmi un flauto. Il flauto (dolce) lo suonavo già  da qualche anno e cominciai a sperimentare la possibilità  di costruirne uno. Usai una canna normale, di quelle nostre, salentine, ed il risultato non fu granchà©, però suonava sebbene in un modo un po soffiato. Riprovai e uscì meglio, e così via di tentativo in tentativo.
Ma i nodi della canna (che dovevo forare), o il diametro interno irregolare, o non so che cosa, producevano effetti deleteri, l intonazione irregolare fra l ottava bassa e quella alta, il perdersi del suono che si trasformava in un soffio indistinto man mano che andavo avanti nel fare i buchi per le dita, il dover allargare i buchi stessi fino a quando il dito non riusciva più a chiuderli! Ed allora pensai che avrei avuto forse bisogno di canne più dritte, con un diametro interno omogeneo e per quello mi serviva la parte della canna libera dagli internodi.
Perchà© le canne nostre in genere hanno uno spazio abbastanza breve fra nodo e nodo ed i nodi stessi sono chiusi al loro interno per cui forandoli é complicato dare al foro lo stesso diametro interno della canna vuota. Il diametro interno finiva per presentare dei restringimenti che erano quello che volevo evitare.
Provai ad unire pezzi di canna diversi, escludendo la zona del nodo, ma il risultato era fragile, complicato da realizzare e così pensai ad un altra soluzione.

Nello sgabuzzino giacevano, abbandonate, le canne da pesca, e la canna dello zio Nuccio era dritta, i suoi internodi erano già  cavi all interno e lo spazio stesso fra nodo e nodo era almeno il doppio rispetto a quello delle canne nostre. Mettere mano a quell oggetto quasi sacro non fu facile. Mi sembrava di infrangere un tabù, ma infine, un giorno che a casa non c era nessuno, presi il seghetto e cominciai a lavorare.
Avevo ragione. La maggiore regolarità  del diametro interno era quello che cercavo. I flauti che costruiì con quella canna suonavano.
Iniziai con le parti più grosse. Volevo fare un flauto lungo e basso, in do, analogo alla tonalità  dei flauti traversi, ma il massimo che riusciì a costruire fu un flauto in mi basso, che ancora suona.
Poi ne feci altri, a tonalità  crescenti, in sol, in la, poi uno in do, identico ai flauti dolci di uso comune. Ma taglia che ti taglia della canna di cinque metri ne era rimasta sì e no la metà .
Ormai però, sebbene avessi capito diverse regole costruttive indispensabili per un buon risultato, la voglia di fare flauti mi aveva un po abbandonato.

Intanto avevo iniziato ad appassionarmi alla musica popolare, ma suonavo la chitarra, talvolta l armonica, ed un flauto dolce in do "normale", cioé comprato. Ma quel flauto aveva un intensità  di suono limitata, ed insieme agli altri strumenti il suo suono si perdeva, specie in situazioni spontanee non amplificate.
Avevo bisogno di un altro flauto, nel quale potessi spingere per avere un suono udibile.
Le tecniche costruttive che avevo sperimentato a danno della canna dello zio Nuccio mi tornarono utili. Della canna originale restavano solo frammenti delle parti del manico, troppo grosse, o di quelle della punta, troppo sottili, ma c era ancora una parte integra della zona mediana, un po sottile ma non troppo.
Era un azzardo ed avrei potuto realizzare un solo flauto, se avessi fallito niente flauto.

Mi spiego meglio, per fare un flauto si comincia dall imboccatura, se quella suona, il flauto, ancora senza i buchi delle dita, produce la sua tonalità  più bassa, come se si tenessero tutti i buchi chiusi, e la tonalità  dipende dalla lunghezza: entro certi limiti più la canna é lunga più la tonalità  é bassa.
Allora bisogna intonare il flauto accorciandolo sino a giungere alla tonalità  desiderata. A quel punto si cominciano a fare, uno alla volta, i buchi per le dita, intonandoli attraverso l allargamento progressivo del diametro fino a che il flauto non fa tutta la scala. Detta così pare facile, ma non lo é. Ed alcuni passaggi riservano sorprese inaspettate e sempre poco gradevoli. Alcuni rapporti di diametro interno e lunghezza, distanza fra fori e larghezza degli stessi li ho capiti solo a forza di prove ed errori. Ed ogni errore significa buttare via un flauto che é già  a metà  della lavorazione! ed un pezzo di canna su cui si era fantasticato e sperato. Ma non posso rivelare tutti i segreti. Prendete le canne da pesca degli zii vostri e provate.
Fatto sta che la lunghezza di quest ultimo pezzo di canna mi permetteva un solo un tentativo.
Provai.

Fatta l imboccatura il suono che ne uscì era insolitamente potente e liquido. La tonalità  era una specie di fa diesis bastardo, per cui, con grande attenzione lo accorciai fino a giungere al sol. Intendiamoci era un sol acuto, quel sol che sul flauto dolce in do viene fuori con i tre buchi della mano sinistra chiusi (chiaramente anche il pollice deve tener chiuso il suo buco).
Il flautino era veramente piccolo e mi venne il dubbio che le dita non ci sarebbero entrate una volta fatti i fori. Sapevo quante cose potevano ancora andare storte e non volevo illudermi troppo presto, ma la potenza e la scioltezza di quel suono mi incitavano. Congelai la speranza in una parte di cuore e andai avanti freddamente.
Man mano che facevo i fori per le dita questi venivano non troppo piccoli e nemmeno troppo grandi. La speranza di un buon flauto, blindata in una parte di cuore chiuso ermeticamente, cominciava a scalpitare.
Ero quasi alla fine.
Restava l ultimo foro. quello di sotto, da chiudere con il pollice. Se quest ultimo avesse funzionato il flauto poteva dirsi finito. E suonava tutto! Fino a quel momento.
Mi prese la paura. Questo era il momento giusto per rovinare tutto.
Il suono poteva mutare in un soffio schifoso. L intonazione fra ottava bassa e alta poteva non corrispondere. Il flautino poteva andare a fare compagnia ad una nutrita serie di aborti che conservavo.
Stetti a guardarlo e a suonicchiarlo per quanto possibile. Era un ottimo flauto! almeno fino a quel momento. Non avevo altre possibilità . Dovevo continuare e finirlo, nel bene o nel male.
E tutto, quella volta, andò bene.
Il flauto suonò, suonò e suonò. Tutte le due ottave e persino le prime due note della terza ottava acuta. Come un flauto vero. Con una potenza di suono ed una pulizia mai sentita prima.
Ero commosso. Disponibile ad un sentire pagano che mi faceva vedere il flautino come una cosa viva. Quel flauto suonò allora e suona ancora.
Ogni tanto ha le sue giornate storte, quando é troppo umido o quando é troppo secco. Nel corso delle nostre scorribande in giro per il mondo é rimasto "ferito" ed é stato curato, guarendo completamente. A volte bisogna vezzeggiarlo un po prima di suonarlo, scaldandolo con un movimento della mano troppo simile a quello che i maschietti a volte fanno quando sono da soli nel bagno.
Quel flauto non é vivo, ma ha le sue particolarità  ed una sua personalità . Credo che sia quasi vivo, tanto quanto possibile ad un oggetto inanimato.

Mio zio Nuccio é morto il 9 dicembre 2006. Aveva 93 anni. Non so come reagirà  il flauto.
Potrebbe decidere di smettere di suonare. Ed allora io sarei vincolato alla promessa fattagli tanto tempo fa e smettere anch io. Potrei anche decidere di non portarlo più in giro, ma una volta che lo dimenticai a casa persi la voce dopo due canzoni.
Non so. Credo però che qualcosa sia mutato, in me e nel flauto.
Chi vivrà  vedrà .

Roberto Raheli
Ultima modifica di raheli il 18 dicembre 2006, 22:05, modificato 2 volte in totale.
irenesse
Messaggi: 2
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Messaggio da irenesse »

che bello!!
:-))
GAETANO
Messaggi: 56
Iscritto il: 1 gennaio 1970, 2:00

Messaggio da GAETANO »

:lol: Bellissimo racconto!!!
Grazie per questa testimonianza di rinnovata tradizione.
Pensando a quello che ho letto, mi vengono in mente, quando ero bambino, i racconti "li cunti" di mio padre prima di andare a letto, quando non avevamo ancora la televisione.
Si raccontavano storie immagginarie di fatti realmente accaduti od inventati di tradizione orale essi stessi sentiti dai padri o dai nonni.
Grandi imprese per l'epoca ma sempre attuali come il racconto di Raheli.
Vi ricordate qualche "cuntu"?
secundo
Messaggi: 241
Iscritto il: 22 dicembre 2005, 15:44

Messaggio da secundo »

:D ccé bellu cuntu, Robé. Mi ha emozionato tanto leggendo quello che hai scritto, veramente molto bello. Grazie
Robytamburello
Messaggi: 83
Iscritto il: 8 settembre 2004, 23:21
Località: Salento

Messaggio da Robytamburello »

Se quando dimentichi il flauto perdi la voce é meglio che lo suoni sempre :wink:

Sei un grande Roberto

A presto a qualche concerto.
giannino
Messaggi: 568
Iscritto il: 27 luglio 2003, 12:59
Località: Paris

Messaggio da giannino »

Non credo che quello di Raheli sia solo un "bel racconto"...
é secondo me testimonianza scritta di un'acuta sofferenza...é difficile disabituarsi ad una persona che si é avuta accanto da quando si é nati fino all'età  adulta...
il tuo dolore ha però preso una bella forma...anche a me é capitato.
Grazia
Messaggi: 16
Iscritto il: 26 agosto 2004, 18:31
Località: Milano

Messaggio da Grazia »

forse le parole di raheli, a leggerle tutte con attenzione fino alla chiusa, ci vogliono dire qualcosa di più...

facciamo dei gesti scaramantici, in attesa di capire che segni manderà  al flauto e a roberto zio nuccio...

un saluto
march
Messaggi: 221
Iscritto il: 29 maggio 2003, 15:13
Località: Milano
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Messaggio da march »

Roberto, spero tanto che non ti sia stancato di cantare.
lorenzo
Messaggi: 48
Iscritto il: 1 gennaio 1970, 2:00

Messaggio da lorenzo »

Grazie Roberto il tuo racconto ci arricchisce tutti e ti nobilita in questo momento della tua vita vedi le cose e le persone che corrono e scorrono davanti a te generazioni nuove che arrivano e persone care che se ne vanno grazie di nuovo tanti cari auguri di buon natale e per il nuovo anno so che hai già  cose belle davanti......io scommetto che il tuo flauto continuerà  a suonare ancora per molto.
matraki
Messaggi: 12
Iscritto il: 19 settembre 2003, 18:34
Località: Brindisi

Messaggio da matraki »

Il tuo raconto mi ha davvero toccata...
é incredibile..ma la vita é cosi'....tutto si trasforma, tutto cambia..nulla é persempre...
hai dato vita ....animandola con il soffio ...ad una canna da pesca...che non avrebbe mai pensato un giorno di diventare uno strumento musicale..potente e magico..capace di muovere la gente nel profondo del suo animo....
Tuo zio ne é fiero...é certo.
Sei davvero in gamba...e ti stimo molto CIAO
johnny
Messaggi: 2
Iscritto il: 17 novembre 2004, 1:23
Località: Casarano

Messaggio da johnny »

Grazie Roberto.
Grazie per averci regalato questo bel racconto di vita vissuta. Ci arricchisce tutti e ci fa vedere le realtà  invisibili agli occhi. Ti auguro di andare avanti, soprattutto nella musica, con più entusiasmo di prima. E di credere che possiamo rendere presente chi non c'é più. Onorando nel migliore dei modi la sua memoria. Attraverso ciò che gli é appartenuto. E che può ancora parlare agli uomini e donne di oggi.
Un saluto
Johnny di Casarano
Liolà
Messaggi: 87
Iscritto il: 4 maggio 2006, 21:56
Località: Cutrofiano

Messaggio da Liolà »

No...io non credo che deciderà  di non suonare più(il flauto)...
Magari ha bisogno di starsene lì accucciato,in un angolino di casa Raheli,
per un pò di tempo,come lo é già  stato per anni quando era una semplice canna...
Magari si é ferito ancora una volta,più internamente,si é "crepato" nel midollo...
Magari ha voglia di essere accarezzato con quel movimento della mano che fanno i maschietti quando sono soli in bagno...

Credo che resusciterà ,che sputerà  fuori ancora quelle note delicate e belle,credo ti farà  capire che non é giunto il momento di mantenere quella promessa fattagli tempo fa...
Non é ancora tempo...
Hai troppo da dare ancora alla nostra musica!
montar
Messaggi: 316
Iscritto il: 23 marzo 2004, 15:24
Località: torino (origine: irpinia)

Messaggio da montar »

Itaque sine Musica nulla disciplina potest esse perfecta.
Senza la musica nessuna disciplina é perfetta. (Isidoro di Siviglia)


il canto allevia la fatica, le tuba nelle battaglie esalta i soldati, il tamburo cadenza i rematori, la zampogna fa riposare il gregge, la ninna nanna addormenta il bebé. Sulla lira si poggia la recitazione di un poema.

La musica é presente nei cortei funibri, nei matrimoni, nella liturgia. Essa é presente in tutti i momenti della nostra vita. Senza la musica la vita
sarebbe un film senza colonna sonora.

Il racconto di Raheli credo che rappresenti un tuffo nel marinismo.
Nella trasfigurazione, nella commemorazione, l'impegno profuso diventa una sorta di competizione tra arti: l'arte dello scrivere e l'arte del suonare. Così come accade nella descrizione del canto dell'usignolo (L'Adone, VII). Oggi noi abbiamo a disposizione dei mezzi diversi per abbracciare più arti contemporaneamente, sarebbe molto bello se all'aprirsi del topic si sentissero avvolgenti e lunghe note del flauto, sarebbe come assaporare il profumo del pesce appena pescato dallo zio Nuccio.

Sentite condoglianze.
laperuginapizzicata
Messaggi: 115
Iscritto il: 5 aprile 2009, 15:21
Località: Perugia
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Re: Il flauto di aramirè

Messaggio da laperuginapizzicata »

Èun po' di tempo che riascolto da morire gli Aramirè, specialmente la "Pizzic con flauto". Mi chiedevo se questo strmento, di canna per favore, niente flauti dolci cmuni!, avesse un'effettiva vitalità attuale nel Salento.
Sapete di costruttori che ne costruiscano?
Grazie a tutti voi di pizzicata grazie a Raheli per tutto quello ch ha dato alla musica salentina, grazie pr tutto quello che ha insegnato a tutti noi che abbiamo iniziatoad ascoltae questa music con gli Arairè.
Ciao a tutti da Perugia.
Valetina.
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